Mindfulness

La mindfulness può essere definita come l’abilità di “porre attenzione in un modo particolare: intenzionalmente, nel momento presente e in maniera non giudicante” (Kabat-Zinn, 1994). Questo processo, spesso tradotto in italiano con “consapevolezza”, implica dunque lʼabilità di entrare in contatto, nel momento presente, sia con l’ambiente circostante sia con le proprie esperienze interne (sensazioni fisiche, pensieri ed emozioni), osservandole con curiosità, senza giudicarle e senza reagire automaticamente ad esse (Baer, 2003).
La pratica della mindfulness ha origine nella cultura e nelle discipline orientali, ma a partire dagli anni ’70 è stata studiata come processo psicologico dalla scienza occidentale ed è stata progressivamente introdotta all’interno di alcuni approcci psicoterapeutici fra cui l’Acceptance and Commitment Therapy (Hayes, Stroshal, & Wilson, 1999). NellʼACT lʼattenzione al momento presente è uno dei sei processi chiave, che, in stretta connessione gli uni con gli altri, compongono la flessibilità psicologica. Nella prospettiva contestualista-funzionale, tutti gli esercizi esperienziali che promuovono la capacità di notare e di aprirsi allʼesperienza, anche se non includono la pratica della meditazione, possono essere considerati esercizi di mindfulness poiché hanno la funzione di stimolare questo processo (Wilson & DuFrene, 2009).
I termini mindfulness ed età evolutiva sono strettamente connessi tra loro: nella filosofia buddista, il concetto di “mente del principiante” si riferisce proprio a certe qualità della mindfulness, tra cui l’apertura, e la disponibilità ad imparare. I bambini e gli adolescenti sono più entusiasti e meno cinici verso l’apprendimento di ciò che è nuovo, poiché possiedono una quota di curiosità che gli adulti spesso hanno “perso”; i ragazzi sono quindi più ricettivi verso nuove idee ed esperienze (Goodman, 2005). Secondo questa metafora, proprio perché i bambini e gli adolescenti sono “principianti” nel cammino della vita, l’accettazione e le pratiche di mindfulness sono per loro particolarmente indicate (Greco e Hayes, 2008), sia per favorire una crescita sana, sia per affrontare le eventuali difficoltà psicologiche.
La mindfulness ricopre anche un ruolo centrale nelle capacità genitoriali. Infatti, le modalità relazionali genitore-figlio maladattive sono spesso caratterizzate dall’azione guidata dal “pilota automatico”, in cui il genitore reagisce automaticamente al comportamento del figlio più che rispondere consapevolmente in base a ciò che vuole promuovere. In questo senso, introdurre la pratica della mindfulness nei parent training comportamentali può essere utile per: facilitare l’ascolto e l’accettazione di sé e del bambino; prendere le distanze da emozioni negative e meccanismi di coping disfunzionali; motivare a scegliere obiettivi realmente significativi; implementare piani efficaci d’azione (Dumas, 2005).
Negli ultimi 15 anni si è assistito a un crescente interesse per lo studio teorico e per le applicazioni della mindfulness in ambito clinico ed educativo con soggetti in età evolutiva (Greenberg e Harris, 2012). Alcuni studi hanno messo in luce come il potenziamento delle abilità di mindfulness nei ragazzi sia associato a esiti positivi come migliori competenze socio-emotive, migliori abilità attentive, miglior benessere e adattamento (Beauchemin, Hutchins, e Patterson, 2008). Due recenti revisioni della letteratura hanno inoltre evidenziato come interventi terapeutici basati sulla mindfulness mostrino risultati positivi nel trattamento di bambini e ragazzi con disturbi clinici come ADHD, ansia, depressione, disturbo ossessivo-compulsivo, dolore cronico, abuso di sostanze (Burke, 2010; Swain et al., 2015).
Il gruppo ACT for Kids promuove una concettualizzazione della mindfulness il più possibile radicata nella prospettiva contestualista funzionale e integrata con il modello ACT. Per questo nei nostri interventi la pratica della consapevolezza rivolta ai bambini, agli adolescenti e ai loro genitori non prevede necessariamente lo svolgimento di protocolli prestabiliti e di meditazione formale, ma mira alla promozione di un processo più ampio e trasversale in sinergia con le altre abilità (Anchisi, Moderato, & Pergolizzi, 2017). Il nostro lavoro mira alla selezione e la creazione di esercizi e pratiche di mindfulness adeguati alle tappe di sviluppo, agli obiettivi educativi o terapeutici, alle caratteristiche individuali, al contesto di vita. Il nostro gruppo è inoltre impegnato nello studio sperimentale degli strumenti di misurazione della mindfulness per l’età evolutiva, al fine di contribuire alla conoscenza di questo processo da una prospettiva scientifica (Ristallo et al., 2016).
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Figura. Hexaflex ACT/RFT dei processi psicologici, responsabili della flessibilità e dell’inflessibilità psicologica (tratto da Hayes, Luoma, Bond, Masuda, e Lillis, 2006)
A oggi si contano oltre 100 trial clinici randomizzati e 5 meta analisi che hanno mostrato i risultati di interventi basati sull’ACT in contesti clinici, di prevenzione della salute e organizzativi con soggetti in età adulta (Prevedini, Miselli, & Moderato, 2015).
Sebbene la letteratura su ACT ed età evolutiva sia decisamente inferiore, una crescente mole di testi ha preso in considerazione da un punto di vista sia teorico sia applicativo il valore del modello per l’età evolutiva, studiandone le peculiarità e differenze (Murrell e Scherbarth, 2011), adattando protocolli d’intervento, (Coyne, McHugh, e Martinez, 2011; Greco e Hayes, 2008), sviluppando veri e propri modello di concettualizzazione e intervento per l’utilizzo con la popolazione adolescente (Ciarrochi e Hayes, 2015), verificando l’efficacia degli interventi (Swain, Hancock, Dixon, & Bowman, 2015).
LʼACT si configura come un modello particolarmente adatto all’intervento per l’età evolutiva, in quanto, all’interno di un solido modello teorico sostenuto da numerosissime evidenze empiriche, offre una visione evolutiva dei processi psicologici e del comportamento umano (Ciarrochi e Hayes, 2015); un approccio transdiagnostico alla psicopatologia, focalizzato sui processi trasversali legati al funzionamento psicologico (Levin et al., 2014); strategie d’intervento adatte e attente alla prevenzione (Biglan, Hayes, e Pistorello, 2008).
Il gruppo ACT for Kids è nato e si è sviluppato per contribuire attivamente alla diffusione del modello ACT per l’età evolutiva. Le metodologie e le risorse elaborate dal gruppo mirano a costruire un contesto terapeutico che permetta a bambini e adolescenti di fare esperienza nel modo più concreto ed efficace possibile dei processi dell’hexaflex. Uno dei punti chiave che orienta gli interventi del gruppo con l’età evolutiva è dunque l’utilizzo di uno stile terapeutico vivace, basato su esercizi esperienziali e sull’utilizzo di metafore che permetta, anche nel lavoro con i bambini più piccoli, di superare il gap legato al completo sviluppo del linguaggio. Inoltre, al contrario di quanto accade in altri contesti di psicoterapia, l’esperienza terapeutica che viene a crearsi all’interno del setting ACT non assume una connotazione didattica, psicoeducativa, che spesso può risultare sgradita ai bambini perché assimilabile alla scuola. L’approccio ACT, con la centralità che viene data ai valori liberamente scelti, si caratterizza infine per un ruolo attivo del bambino e dell’adolescente nelle decisioni legate al trattamento.